Limiti alla compensazione dell’IVA e il visto di conformità
Limiti alla compensazione dell’IVA
Come noto, l’articolo 10 del decreto legge 78/2009 ha introdotto numerosi limiti alla possibilità di compensare i crediti IVA (annuali o periodici) al fine di contrastare i fenomeni di indebito utilizzo di somme a credito non esistenti, contrastati in modo non efficace dalla Amministrazione finanziaria.
La genesi della norma è facilmente rinvenibile nelle sintesi sull’argomento che l’Agenzia (evidente soggetto ispiratore dell’intervento) ha diffuso durante apposite conferenze stampa o mediante comunicati pubblicati sul sito nel periodo di osservazione, circa 8 mila soggetti (per lo più concentrati nel comparto edile) hanno utilizzato crediti IVA sul modello F24 senza poi avere presentato la relativa dichiarazione.
Da qui, constatato l’inadeguatezza dell’attuale sistema, si è pensato di rivisitare l’intero meccanismo introducendo delle “cautele” che, seppur condivisibili dal punto di vista della loro finalità3, finiscono per generare la necessità di rivisitare l’operatività di taluni adempimenti degli studi professionali ed un correlato incremento dei costi per la gestione amministrativa per le imprese.
Sul punto esiste ormai abbondante dottrina4; cerchiamo allora di ricostruire la situazione evidenziando i tasselli che sono stati ormai completati e quelli che ancora mancano.
In linea di principio, elenchiamo le direttrici su cui si è mosso il legislatore ed analizziamole singolarmente:
1) differimento del termine iniziale per l’effettuazione delle compensazioni dei crediti IVA (a partire dal giorno 16 del mese successivo a quello di presentazione della dichiarazione o dell’istanza periodica, anziché dal primo giorno del periodo successivo a quello di formazione del credito), quando le compensazioni superino l’ammontare annuo di euro 10.000;
2) creazione di un nuovo canale telematico per l’effettuazione delle compensazioni, sempre quando le stesse superino l’ammontare annuo di euro 10.000, al fine di consentire all’amministrazione l’effettuazione di controlli telematici immediati e non più postumi; necessità di apposizione del visto di conformità sulla dichiarazione annuale IVA (e non sulle istanze di compensazione trimestrali), qualora si intendano effettuare compensazioni per importi complessivi annui superiori ad euro 15.000.
La seconda novità di rilievo, come accennato in premessa, riguarda l’obbligo di utilizzo di particolari procedure telematiche per la presentazione all’Agenzia dei modelli F24 portanti crediti IVA compensati per importi annui superiori ai 10.000 euro.
In tal senso, il provvedimento del Direttore dell’agenzia delle entrate n. 185430, dello scorso 21 dicembre, delinea le modalità telematiche da utilizzare.
Al riguardo, è previsto che i contribuenti che intendono effettuare la compensazione di crediti IVA di importo superiore a 10.000 euro annui, hanno l’obbligo di utilizzare esclusivamente i servizi telematici messi a disposizione dall’Agenzia delle entrate. Le deleghe di versamento possono infatti essere trasmesse:
a) direttamente dai contribuenti mediante i canali Entratel o Fisconline;
b) tramite gli intermediari abilitati al servizio Entratel, con addebito delle somme dovute sul conto corrente bancario o postale del contribuente, ovvero con addebito delle somme sul conto corrente bancario o postale dell’intermediario.
L’utilizzo dei servizi di home banking messi a disposizione dalle banche e da Poste Italiane, ovvero dei servizi di remote banking (CBI) offerti dalle banche, è consentito esclusivamente a coloro che effettuano compensazioni di crediti Iva inferiori a 10.000 euro.
Ciò determinerà, almeno in una prima fase, un riversamento degli adempimenti sullo studio professionale, al quale gli operatori dovranno far fronte.
Inoltre (paragrafo 3.1), la presentazione delle deleghe recanti compensazioni di cui sopra (quindi relative a crediti IVA annuali o periodici per importi superiori ai 10.000 euro annui), deve essere effettuata a partire dal decimo giorno successivo a quello di presentazione della dichiarazione o istanza da cui il credito emerge; in tal senso, il provvedimento introduce un criterio relativo al termine iniziale di utilizzo del credito che sembra configgere con quello generale della norma (art. 10 DL 78/2009), fissato al giorno 16 del mese successivo a quello di presentazione della dichiarazione o istanza, evidenziando una discrasia sulla quale sarebbe opportuna una presa di posizione dell’Agenzia16. Se appare evidente l’intenzione di preservare un congruo periodo di tempo per l’effettuazione dei controlli e degli incroci necessari, non si capisce la motivazione per cui il provvedimento, diversamente dalla norma, indichi un numero di giorni inferiore (10, anziché 16) ed un termine iniziale differente (dalla data di presentazione della dichiarazione o istanza da cui il credito emerge, rispetto al mese successivo a quello di presentazione della dichiarazione o istanza).
Il transito dei modelli sul canale gestito dall’Agenzia consentirà l’effettuazione diretta dei seguenti controlli:
1) le deleghe contenenti compensazioni di crediti Iva superiori a 10.000 euro annui sono oggetto di scarto nel caso in cui non sia stata preventivamente presentata la dichiarazione ovvero l’istanza da cui emerge il credito stesso;
2) sono oggetto di scarto le deleghe contenenti compensazioni di crediti Iva superiori a 15.000 euro annui nel caso in cui la dichiarazione da cui emerge il medesimo credito non sia munita del visto di conformità o della sottoscrizione del revisore;
3) sono in ogni caso scartate le deleghe contenenti compensazioni di crediti Iva che superino l’importo del credito risultante dalla dichiarazione o istanza presentata, decurtato di quanto eventualmente già utilizzato in Compensazione.
Ai fini dei controlli di cui ai punti precedenti non sono computate le compensazioni utilizzate per i versamenti Iva periodici, in acconto e a saldo, quindi quelle per quali si effettua la compensazione su F24 c.d. “IVA da IVA” o compensazione verticale; così si è chiarito uno dei dubbi a suo tempo avanzati a commento della pura norma.
Lo scarto delle deleghe avviene successivamente all’accettazione delle stesse da parte del sistema informativo dell’Anagrafe tributaria, ed è evidenziato nelle relative ricevute telematiche con le motivazioni della mancata accettazione; se è vero, come si crede, che gli adempimenti saranno almeno inizialmente svolti dagli studi professionali, sarà bene organizzare un monitoraggio del buon esito dei versamenti sulla base delle indicazioni di cui sopra.
In caso di pagamento di più deleghe sul conto dell’intermediario, alcune delle quali scartate, si procede stornando l’ammontare dei relativi saldi dall’importo dell’addebito complessivamente richiesto.
Appare ancor più strategico l’utilizzo del cassetto fiscale, poiché le informazioni relative ai crediti Iva sono ivi rese disponibili ai contribuenti, riportando:
· l’importo del credito risultante dalla dichiarazione e/o istanza,
· le compensazioni effettuate,
· l’importo del credito ancora disponibile con evidenza degli estremi degli atti (dichiarazioni e/o istanza e deleghe di pagamento) che lo determinano.
Infine, con risoluzione 286/E del 22 dicembre scorso, sono stati resi noti i codici identificativi da inserire sul modello F24 in relazione all’utilizzo dei crediti maturati in capo a contribuenti diversi dall’utilizzatore, al fine evidente di consentire un corretto incrocio dei dati alle procedure telematiche dell’amministrazione.
In particolare, sono stati creati due codici, “61” e “62” , da indicare nella sezione “Contribuente”, nel campo “codice identificativo”, unitamente al codice fiscale del soggetto cui il predetto credito si riferisce da riportare nel campo “CODICE FISCALE del coobbligato, erede, genitore, tutore o curatore fallimentare”.
Il codice identificativo “61” va utilizzato nel caso di un soggetto consolidante che utilizza in compensazione, per il versamento dell’IRES determinata nel modello CNM, il credito d’imposta ceduto da una società aderente al consolidato. In tal caso, il modello di versamento F24, va compilato indicando, nella sezione “Contribuente”, il codice fiscale della società consolidante e i relativi dati anagrafici e domiciliari, e il codice fiscale della società aderente al consolidato, esponendolo nel campo “CODICE FISCALE del coobbligato, erede, genitore, tutore o curatore fallimentare”. Qualora il credito d’imposta della stessa natura (ad esempio credito IVA annuale) utilizzato in compensazione dell’IRES dovuta sia stato ceduto da più soggetti aderenti al consolidato, la società consolidante nel campo “CODICE FISCALE del coobbligato, erede, genitore, tutore o curatore fallimentare” indica il codice fiscale del soggetto consolidato che ha ceduto l’ammontare del credito più elevato.
Il codice identificativo “62” va utilizzato, ad esempio, nel caso di una società incorporante che utilizza in compensazione il credito IVA annuale della società incorporata relativo all’anno d’imposta antecedente l’operazione straordinaria. In tal caso, il modello di versamento F24, va compilato indicando, nella sezione “Contribuente”, il codice fiscale della società incorporante e i relativi dati anagrafici e domiciliari, e il codice fiscale della società incorporata, esponendolo nel campo “CODICE FISCALE del coobbligato, erede, genitore, tutore o curatore fallimentare”.
Tali modalità di compilazione vanno utilizzate in tutte le ipotesi in cui sussistono i presupposti per l’utilizzo di crediti maturati in capo a soggetti diversi.
Il visto di conformità
L’articolo 10 del decreto-legge 1° luglio 2009, n. 78, dispone che i contribuenti i quali intendono utilizzare in compensazione crediti IVA per importi superiori a 15.000 euro annui hanno l’obbligo di richiedere l’apposizione del visto di conformità di cui all’articolo 35 comma 1, lettera a) del decreto legislativo 9 luglio 1997, n. 241, relativamente alle dichiarazioni dalle quali emerge il credito, al fine di contrastare il fenomeno legato alle compensazioni di crediti inesistenti.
Alternativamente, è previsto che la dichiarazione dovrà essere sottoscritta anche da parte dei soggetti che esercitano il controllo contabile per i contribuenti soggetti al controllo ex articolo 2409-bis del codice civile che devono così attestare l’esecuzione dei controlli previsti dall’articolo 2, comma 2, del decreto ministeriale 31 maggio 1999, n. 164.
L'articolo 10 del decreto-legge 1° luglio 2009, n. 78, nella versione definitiva dopo la conversione individua i soggetti a rilasciare il visto di conformità mediante rinvio all'articolo 35 del DLgs n. 241 del 1997.
Dal punto di vista sostanziale, la platea dei soggetti competenti a rilasciare il visto di conformità è la seguente:
· i responsabili dell’assistenza fiscale (c.d. RAF) dei CAF – imprese (comma 1, lettera a), dell’articolo 35 DLgs 241/97);
· gli iscritti negli albi dei dottori commercialisti e degli esperti contabili e in quelli dei consulenti del lavoro (comma 3 dell’articolo 35 DLgs 241/97);
· gli iscritti alla data del 30 settembre 1993 nei ruoli di periti ed esperti tenuti dalle camere di commercio, industria, artigianato e agricoltura per la sub-categoria tributi, in possesso di diploma di laurea in giurisprudenza o in economia e commercio o equipollenti o diploma di ragioneria (comma 3 dell’articolo 35 DLgs 241/97).
I contribuenti per i quali è esercitato il controllo contabile di cui all'articolo 2409-bis del codice civile, possono effettuare la compensazione dei crediti IVA, se la dichiarazione è sottoscritta - oltre che dai soggetti di cui all'articolo 1, comma 4, del DPR n. 322 del 1998 e, cioè, dal rappresentante legale e in mancanza da chi ne ha l’amministrazione anche di fatto, o da un rappresentante negoziale - dai soggetti di cui all'articolo 1, comma 5, del medesimo DPR e, cioè, dai soggetti che esercitano il controllo contabile.
L’istituto del visto di conformità è stato introdotto dall’articolo 35, comma 1, lettera a) del DLgs n. 241 del 1997, come modificato dal DLgs n. 490 del 1999. Il visto costituisce uno dei livelli dell’attività di controllo sulla corretta applicazione delle norme tributarie che il legislatore ha attribuito a soggetti terzi rispetto all’amministrazione finanziaria. Le altre fattispecie di certificazioni ai fini fiscali, disciplinate dagli artt. 35 e 36 del DLgs n. 241 de1 1997, sono l’asseverazione degli studi di settore e la certificazione tributaria (o “visto pesante”), che può essere rilasciato a contribuenti titolari di redditi di impresa in regime di contabilità ordinaria.
Per quanto riguarda il visto di conformità, con l’apposizione del medesimo, viene attestata l’esecuzione dei controlli indicati dall'articolo 2 del decreto n. 164 del 1999.
In proposito, si chiarisce che non tutte le circostanze che possono dar luogo ad una rettifica della dichiarazione sono oggetto di controllo o rilevazione da parte del soggetto che rilascia il visto di conformità. Ne deriva che, come chiarito dalla circolare n 52 del 2007, alla luce del principio di colpevolezza sancito dall'articolo 5 del decreto legislativo 18 dicembre 1997, n. 472, la sanzione a carico dei responsabili dell'assistenza fiscale dei CAF e dei professionisti nei casi di infedeltà del visto di conformità deve essere applicata soltanto se vi sia discordanza tra quanto attestato tramite il rilascio del visto di conformità e i dati emersi a seguito della liquidazione o del controllo.
Il visto di conformità, che può essere apposto solo sulle dichiarazioni annuali, si rilascia mediante l’indicazione del codice fiscale e l’apposizione della firma del responsabile del CAF-imprese o del professionista nell'apposito spazio dei modelli di dichiarazione.
L’attestazione dell’effettuazione dei controlli di conformità da parte dei soggetti che effettuano il controllo contabile, anch’essa riferibile solo alle dichiarazioni annuali, si attua mediante la sottoscrizione della dichiarazione da parte dei medesimi soggetti e l’indicazione del codice fiscale.
Gli articoli 12 e 23 – in relazione, rispettivamente, ai CAF e ai professionisti - del decreto n. 164 del 1999, stabiliscono che il visto di conformità è rilasciato se le dichiarazioni e le scritture contabili sono state predisposte e tenute dallo stesso CAF o dal professionista che rilascia il visto.
Ai sensi dell’articolo 12, comma 2, del predetto decreto n. 164 del 1999, le dichiarazioni e le scritture contabili si intendono predisposte e tenute dal CAF anche quando sono predisposte e tenute direttamente dal contribuente o da una società di servizi il cui capitale sociale sia posseduto, a maggioranza assoluta, dalle associazioni o dalle organizzazioni che hanno costituito il CAF o dalle organizzazioni territoriali di quelle che hanno costituito il CAF, ovvero sia posseduto interamente dagli associati alle predette associazioni e organizzazioni, a condizione che tali attività siano effettuate sotto il diretto controllo e la responsabilità del CAF.
Allo stesso modo, ai sensi dell’articolo 23, le dichiarazioni e le scritture contabili si considerano predisposte e tenute dal professionista anche quando sono predisposte e tenute direttamente dallo stesso contribuente o da una società di servizi di cui uno o più professionisti posseggono la maggioranza assoluta del capitale sociale, a condizione che tali attività siano effettuate sotto il diretto controllo e la responsabilità dello stesso professionista.
Tenuto conto della obbligatorietà del visto di conformità ai fini della fruizione dell’istituto della compensazione, si ritiene che nelle ipotesi in cui le scritture contabili siano tenute da un soggetto che non può apporre il visto di conformità, il contribuente potrà comunque rivolgersi un CAF - imprese o a un professionista abilitato all’apposizione del visto. Resta fermo che tali soggetti sono comunque tenuti a svolgere i controlli di cui ai paragrafi seguenti e a predisporre la dichiarazione.
Pertanto, il contribuente che intende ottenere il rilascio del visto di conformità deve comunque esibire al CAF o al professionista abilitato la documentazione necessaria per consentire la verifica della conformità dei dati esposti o da esporre nella dichiarazione.
Se il visto di conformità è apposto dal responsabile di un CAF, la trasmissione telematica può essere effettuata anche da una società di servizi il cui capitale sociale sia posseduto, a maggioranza assoluta, dalle associazioni o dalle organizzazioni che hanno costituito il CAF o dalle organizzazioni territoriali di quelle che hanno costituito il CAF, ovvero sia posseduto interamente dagli associati alle predette associazioni e organizzazioni, a condizione che tali attività siano effettuate sotto il diretto controllo e la responsabilità del CAF.
Se il visto di conformità è apposto da un professionista, la trasmissione telematica può essere effettuata anche da una società di servizi di cui uno o più professionisti posseggono la maggioranza assoluta del capitale sociale, a condizione che tali attività siano effettuate sotto il diretto controllo e la responsabilità dello stesso professionista.
Relativamente ai controlli previsti dall'articolo 2, comma 2, del decreto n. 164 del 1999, si rileva che, in via generale, che tale controllo presuppone, ai fini dell’imposta sul valore aggiunto:
· la correttezza formale delle dichiarazioni presentate dai contribuenti,
· la regolare tenuta e conservazione delle scritture contabili obbligatorie.
Con la circolare n. 134 del 1999 sono stati forniti i primi chiarimenti in relazione all’assistenza fiscale in generale e al visto di conformità - al quale l’attestazione dell'esecuzione dei controlli da parte dei soggetti che esercitano il controllo contabile è stata equiparata anche sotto il profilo sanzionatorio in caso di infedeltà della sottoscrizione effettuata.
In particolare, per le dichiarazioni presentate ai fini dell'imposta sul valore aggiunto, ancorché unificate, i controlli devono essere finalizzati:
· ad evitare errori materiali e di calcolo nella determinazione dell’imponibile, nonché nel corretto riporto delle eccedenze di credito,
· a verificare la regolare tenuta e conservazione delle scritture contabili obbligatorie ai fini dell’imposta sul valore aggiunto.
Coerentemente con quanto chiarito con il documento di prassi indicato, i controlli implicano la verifica:
· della regolare tenuta e conservazione delle scritture contabili obbligatorie ai fini delle imposte sui redditi e dell'imposta sul valore aggiunto;
· della corrispondenza dei dati esposti nella dichiarazione alle risultanze delle scritture contabili;
· della corrispondenza dei dati esposti nella scritture contabili alla relativa documentazione.
Con la predetta circolare n. 134, inoltre, è stato chiarito che tale verifica non comporta valutazioni di merito, ma il solo riscontro formale della loro corrispondenza, in ordine all'ammontare delle componenti positive e negative relative all'attività di impresa esercitata e rilevanti ai fini delle imposte sui redditi, dell'imposta sul valore aggiunto e dell'imposta regionale sulle attività produttive, nonché dei dati riguardanti i compensi e le somme corrisposti in qualità di sostituto d'imposta.
Le verifiche documentali
L’apposizione del visto di conformità presuppone in ogni caso il controllo che il codice di attività economica indicato nella dichiarazione IVA corrisponde a quello risultante dalla documentazione contabile, desunto dalla tabella di classificazione delle attività economiche vigente al momento di presentazione della dichiarazione.
Ai fini del controllo in esame, occorre tenere presente che:
· in caso di esercizio di più attività tenute con contabilità unificata, nell’unico modulo di cui si compone la dichiarazione, deve essere indicato il codice relativo all’attività prevalente con riferimento al volume d’affari realizzato nell’anno d’imposta;
· nell’ipotesi di esercizio di più attività tenute con contabilità separate ai sensi dell’articolo 36, del DPR n. 633 del 1972, invece, deve essere indicato in ogni modulo il codice dell’attività ad esso relativo.
Al fine di semplificare gli adempimenti dei soggetti coinvolti nell’attività di controllo, in sede di prima applicazione delle disposizioni stabilite dall’articolo 10 del decreto-legge n. 78 del 2009, si delineano le modalità attestanti la correttezza dell’esecuzione dei controlli previsti dall’articolo 2, comma 2, del decreto n. 164 del 1999.
A tal fine, dovrà essere verificato la sussistenza di una delle fattispecie che, in linea generale, sono idonee a generare l’eccedenza di imposta (check-list):
· presenza prevalente di operazioni attive soggette ad aliquote più basse rispetto a quelle gravanti sugli acquisti e sulle importazioni;
· presenza di operazioni non imponibili;
· presenza di operazioni di acquisto o importazione di beni ammortizzabili;
· presenza di operazioni non soggette all’imposta;
· operazioni non imponibili effettuate da produttori agricoli.
Nel caso in cui il credito d’imposta destinato dal contribuente all’utilizzo in compensazione sia pari o superiore al volume d’affari, tenuto conto che trattasi di una fattispecie in cui la genesi del credito IVA non appare direttamente giustificata dall’attività economica esercitata dal soggetto nel periodo d’imposta cui si riferisce la dichiarazione, deve essere effettuata l’integrale verifica della corrispondenza tra la documentazione e i dati esposti nelle scritture contabili.
Si precisa che, ai fini del computo dell’ammontare del credito, si deve tenere conto anche dell’eventuale credito proveniente dall’eccedenza formatasi in anni precedenti e non richiesta a rimborso né utilizzata in compensazione (il controllo del credito dei periodi precedenti si limita alla verifica dell’esposizione del credito nella dichiarazione presentata).
Per tutti i contribuenti che non rientrano nella condizione sopra esposta la verifica deve riguardare la documentazione rilevante ai fini dell’IVA con imposta superiore al 10 per cento dell’ammontare complessivo dell’IVA detratta riferita al periodo d’imposta a cui si riferisce la dichiarazione e deve essere conservata copia al fine di attestare la correttezza dell’esecuzione dei controlli previsti dall’articolo 2, comma 2, del decreto n. 164 del 1999, unitamente alla check-list del controllo svolto.
Il documento di prassi dell’Agenzia fornisce il seguente esempio banale:
· credito IVA da utilizzarsi in compensazione inferiore al volume d’affari (è verificata la condizione che consente l’effettuazione di controlli semplificati)
· ammontare complessivo IVA detratta è euro 100.000;
· la verifica deve riguardare tutte le fatture con imposta superiore a euro 10.000.