I Fondi pensione

19.06.2011 19:35

I Fondi pensione

La previdenza complementare ha lo scopo di consentire al lavoratore di ottenere una pensione aggiuntiva rispetto a quella garantita dalla previdenza obbligatoria.
La previdenza complementare è gestita da appositi fondi pensione, enti dotati di personalità giuridica, cui ciascun lavoratore può aderire liberamente.
Le forme pensionistiche complementari previste dalla normativa vigente sono:


• I Fondi pensione chiusi o negoziali: I fondi pensione negoziali nascono da contratti o accordi collettivi anche aziendali che individuano l’area dei destinatari cioè i soggetti ai quali il fondo si rivolge sulla base dell’appartenenza ad un determinato comparto, impresa o gruppo di imprese o ad un determinato territorio.
Possono essere proposti da intermediari bancari, finanziari e assicurativi.


• I Fondi pensione aperti: l’adesione può essere su base individuale o su base collettiva (contratti o accordi collettivi, anche aziendali, qualora i rapporti di lavoro non siano disciplinati da contratti o accordi collettivi, anche aziendali).
Possono essere proposti da intermediari bancari, finanziari e assicurativi.


• Le Forme pensionistiche individuali: attuate mediante contratti di assicurazione sulla vita con finalità previdenziali.


La previdenza complementare è finanziata con contributi a carico del lavoratore e del datore di lavoro, nonché con quote prelevate dall’accantonamento per il TFR; in alcuni casi con solo quest’ultimo accantonamento. Il trattamento di fine rapporto (TFR) è un elemento della retribuzione il cui pagamento viene differito ad un momento successivo rispetto a quello di prestazione dell’attività lavorativa.
Il 1° gennaio 2007 è entrata in vigore la Riforma della Previdenza Complementare di cui al D.Lgs. 252/2005. L’aspetto più rilevante e, per certi versi, innovativo rispetto al passato è certamente costituito dall’obbligo per tutti i lavoratori dipendenti del settore privato di effettuare una scelta in merito alla destinazione del proprio Trattamento di fine rapporto.
La norma in oggetto prevede che il dipendente effettui una scelta in merito alla destinazione del proprio TFR entro sei mesi dalla data di assunzione. Il dipendente deve decidere se il proprio TFR debba confluire verso un fondo pensione complementare – ai fini di futura integrazione del trattamento pensionistico obbligatorio – ovvero debba continuare ad essere accantonato dal datore di lavoro (o, altra novità, presso l’INPS, nel caso in cui il datore di lavoro superi il limite dimensionale dei 49 dipendenti) sulla base delle vecchie regole, ai sensi dell’articolo 2120 c.c.
Tralasciando l’esame degli effetti di natura economica e finanziaria che, inevitabilmente, la riforma porta con sé, in questa sede descriviamo quali siano le funzioni che il legislatore ha inteso assegnare ai datori di lavoro nell’ambito del processo decisionale dei propri lavoratori dipendenti.
In estrema sintesi, al datore di lavoro è stato attribuito il compito dell’informazione: al momento dell’assunzione, quindi all’avvio del periodo dei sei mesi, durante i quali deve essere effettuata la scelta, egli è tenuto a fornire ai propri lavoratori dipendenti tutte le informazioni necessarie in merito alle diverse scelte disponibili.
Successivamente, poiché in base al dettato normativo anche la mancanza della scelta esplicita rappresenta una scelta (per il principio del silenzio-assenso, infatti, dalla mancata espressione di scelta deriva l’adesione automatica alla forma pensionistica collettiva prevista da accordi collettivi, aziendali, o territoriali, o, in mancanza, all’apposita forma pensionistica complementare istituita presso l’INPS). Un
mese prima della scadenza del semestre di scelta, il lavoratore che non abbia ancora manifestato la sua volontà deve ricevere dal datore di lavoro le necessarie informazioni circa la forma pensionistica verso cui il TFR maturando sarà destinato alla scadenza.
Infine, è necessario ricordare che la scelta (quella “esplicita”) deve essere fatta utilizzando gli appositi moduli predisposti dal Ministero del Lavoro (approvati con decreto del 30 gennaio 2007): i lavoratori assunti dal 1° gennaio 2007 devono compilare il modello TFR 2.
Al momento di una nuova assunzione il datore di lavoro deve acquisire dal lavoratore le informazioni relative alle scelte precedentemente fatte, nonché la relativa documentazione probatoria, al fine di essere in grado di gestirle conformemente alle disposizioni di legge. Se in occasione di precedenti rapporti di lavoro, il lavoratore non ha effettuato scelte, il datore di lavoro dovrà fornire il modello TFR 2 e dovrà, successivamente, ritirare la modulistica – compilata e sottoscritta – rilasciandone una copia controfirmata per ricevuta.
Da questo momento in avanti, il TFR di ogni lavoratore seguirà la strada da questo prescelta.
Il decreto legislativo 252/2005 all’articolo 8 comma 7, lettera a) precisa che il lavoratore che ha scelto di mantenere il proprio TFR maturando presso il datore di lavoro, può, con modalità esplicita, revocare la scelta e conferirlo ad una forma complementare da lui prescelta. Al lavoratore che opti per la destinazione del TFR alla previdenza complementare non è concessa la possibilità della revoca
della scelta, né in costanza di rapporto con lo stesso datore di lavoro, né in futuro in caso di cambio di attività lavorativa.
Nell’ipotesi in cui, prima della scadenza del semestre di scelta, il rapporto di lavoro cessi senza che il lavoratore abbia manifestato espressamente la propria volontà circa la destinazione del TFR, il meccanismo del silenzio assenso non può
considerarsi perfezionato e, pertanto, il lavoratore, alla cessazione del rapporto avrà diritto alla liquidazione del TFR maturato. Analogo principio va osservato nel caso di contratto di lavoro a tempo determinato di durata inferiore a 6 mesi.
Le aziende del settore privato con un numero di dipendenti pari o superiore a 50 hanno l’obbligo di trasferire le quote di TFR che non vengono destinate alla previdenza complementare, al Fondo di Tesoreria appositamente istituito presso l’INPS (Circolare INPS n. 70/2007). Il computo dei lavoratori ai fini di cui sopra deve essere riferito alla consistenza media dei lavoratori in riferimento all’anno
solare (1° gennaio – 31 dicembre) di inizio attività. In caso di superamento del limite, i datori di lavoro sono tenuti a comunicare all’INPS (tramite il modello SC34 _TFR_Tesoreria) la media annuale dei lavoratori in forza. Nell’ipotesi in cui il datore di lavoro sia titolare di più posizioni contributive ovvero operi avvalendosi di diverse sedi, stabilimenti, ecc…, la media va calcolata avendo riguardo alla struttura aziendale nella sua totalità.
Per i lavoratori assunti a partire dal 1° gennaio 2007 in aziende che superano il limite dei 50 lavoratori che, entro sei mesi dall’assunzione, conferiscono con modalità esplicite o tacite, il TFR a forme pensionistiche complementari, il contributo al Fondo di Tesoreria INPS è comunque dovuto in relazione al periodo decorrente dalla data di assunzione e fino al mese precedente quello di conferimento.
L’importo da versare è corrispondente alla quota di TFR maturata dai lavoratori a decorrere dalla data di assunzione, maggiorata delle rivalutazioni. Con il messaggio 10577 del 26 aprile 2007, l’INPS ricorda ai datori di lavoro che il versamento può essere eseguito anche mensilmente, risparmiando così la rivalutazione.
In caso di liquidazione dell’intero TFR, e/o di anticipazione dello stesso, qualora siano presenti somme accantonate presso il Fondo di Tesoreria, il datore di lavoro deve anticipare al lavoratore il TFR per conto del Fondo stesso. Il recupero di dette somme avviene mediante il meccanismo del conguaglio dei contributi nella dichiarazione mensile UNIEMENS, riferita al mese della erogazione.
Sebbene il meccanismo della Finanziaria 2007 abbia previsto, per le aziende con almeno 50 dipendenti, l’obbligo di versare all’INPS i TFR non destinati alla previdenza complementare, tutti gli adempimenti connessi alla gestione del TFR rimangono a carico del datore di lavoro; in particolare oltre al calcolo dell’accantonamento e al relativo versamento al Fondo di tesoreria, il datore di lavoro è tenuto a:
• rivalutare gli accantonamenti di TFR
• liquidare le anticipazioni di TFR e assoggettarle a imposizione fiscale, ivi compresa la parte di anticipazione che è stata versata all’INPS
• liquidare il saldo del TFR dopo averlo assoggettato ad imposizione, ivi compresa la parte di TFR di competenza dell’INPS
• recuperare le somme anticipate per conto dell’INPS esponendole nelle somme a credito del modello UNIEMENS
L’unico caso in cui gli obblighi tributari saranno di competenza dell’INPS è quello in cui il TFR da liquidare per conto dell’Istituto non trovi capienza con il debito previdenziale complessivo nel mese di erogazione.
Nel quadro degli interventi disposti dal legislatore in relazione allo sviluppo della previdenza complementare, dal 1° gennaio 2008 è prevista l’operatività di una nuova misura compensativa, aggiuntiva rispetto a quella disposta dall’articolo 10 del decreto legislativo n. 252 del 2005 (esonero dal pagamento del contributo destinato al Fondo di garanzia TFR, pari allo 0,20% per la generalità dei lavoratori ed allo 0,40 % per i dirigenti del settore industriale) a favore delle imprese in cui i lavoratori conferiscano il proprio TFR a forme pensionistiche complementari e/o al Fondo di Tesoreria. A decorrere dal 1° gennaio 2008, ai datori di lavoro viene riconosciuto l’esonero dal versamento dei contributi sociali, in relazione ai soli lavoratori il cui TFR non rimane in azienda, nella seguente misura percentuale:

Anno        Percentuale
2008           0,19 %
2009           0,21 %
2010           0,23 %
2011           0,25 %
2012           0,26 %
2013           0,27 %
Dal 2014   0,28 %


Gli esoneri contributivi competono quando il TFR maturato viene conferito alleforme di previdenza complementare ma anche quando viene conferito al Fondo diTesoreria INPS.

 

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