Le clausole in tema di risoluzione del mutuo per inadempimento

18.06.2011 18:53

Le clausole in tema di risoluzione del mutuo per inadempimento


I principali strumenti che comportano, per la banca, il diritto di ottenere la restituzione anticipata della somma data in prestito sono: la risoluzione per inadempimento (spesso nella sua variante di clausola risolutiva espressa); la decadenza, dal beneficio del termine, del debitore; e (nascosto sotto le spoglie delle due ipotesi appena dette), il recesso da parte dell’istituto di credito.
Spesso queste misure sono richiamate nel contratto tutte assieme, così che non è chiaro quali siano i presupposti che li determinano. Si legge, ad esempio, in qualche contratto:


Si produrrà la risoluzione qualora la parte mutuataria non adempia al pagamento anche di una sola rata entro 180 giorni dalla scadenza della stessa, ai sensi e per gli effetti degli articoli 1186 e 1819 cod. civ.


La risoluzione viene in questo modo a confondersi con lo strumento della decadenza dal beneficio del termine prevista all’art. 1186 cod. civ.. In virtù del principio di trasparenza, invece, le differenze dei meccanismi attraverso i quali i due istituti operano dovrebbero essere più chiare al cliente.
“Risoluzione” significa scioglimento del rapporto contrattuale. L’ipotesi della risoluzione per inadempimento si verifica nei casi di “mancata o non corretta esecuzione della prestazione” (artt. 1218 e 1453 cod. civ.), ossia quando il debitore non paga o effettua un pagamento irregolare, non rispettando le modalità e i termini prefissati. Il venir meno del vincolo può essere dichiarato dal giudice (si parla, a questo proposito, di risoluzione “giudiziale”), oppure può verificarsi automaticamente, ossia a prescindere dalla pronuncia di un giudice (risoluzione di diritto).
Nel primo caso la controparte, convenuta in giudizio, potrà opporre (a colui che chiede lo scioglimento del rapporto) che non si tratta di un inadempimento così grave da giustificare la risoluzione: per il codice civile, infatti, il contratto può essere risolto solo se l’inadempimento riveste una particolare importanza alla luce dell’interesse che l’altra parte ha riposto nella corretta esecuzione delle obbligaobbligazioni che discendono dal contratto (art. 1455 cod. civ.)40; il giudice accoglierà la domanda di risoluzione solo in presenza di un inadempimento rilevante.
Il TUB prevede una importante disposizione in tema di risoluzione: si tratta del 2° comma dell’art. 40, che si applica ai contratti conclusi dopo l’entrata in vigore del decreto legislativo n. 385/1993, ossia dopo il primo gennaio 1994. Le clausole che tentano di aggirare questa disposizione, sancendo la rilevanza – ai fini della risoluzione – di ritardi di pagamento dalla durata inferiore a 180 giorni (o di un numero di pagamenti effettuati in ritardo inferiore a sette) sono dunque da considerarsi illegittime.
Spesso la banca prevede nel contratto un meccanismo di risoluzione di diritto attraverso l’inserimento delle clausole risolutive espresse: il contratto si risolverà se una determinata obbligazione non verrà adempiuta dal mutuatario secondo le modalità stabilite; verificandosi l’inadempimento, in sostanza, il contratto si scioglie automaticamente (ossia, senza che occorra andare davanti a un giudice), quando la parte interessata dichiara all’altra che intende avvalersi della clausola risolutiva (art. 1456 cod. civ.). In questo modo la banca stabilisce a priori la valutazione circa l’importanza dell’inadempimento del mutuatario che legittima lo scioglimento del rapporto contrattuale e riesce a sottrarre al giudice il sindacato relativo a tale valutazione. Ebbene, non può costituire causa di risoluzione del contratto di mutuo per inadempimento il verificarsi di eventi che non dipendono dal mutuatario, bensì sono posti in essere da soggetti terzi, estranei al rapporto
contrattuale tra banca e mutuatario.


Il contratto si risolverà automaticamente per inadempimento nel caso in cui il mutuatario subisca protesti, decreti ingiuntivi, domande giudiziali o ipoteche giudiziali
oppure
La Banca ha il diritto di risolvere il contratto, ai sensi dell’art. 1456 cod. civ.,
qualora: la parte finanziata subisca protesti o ... sia assoggettata a una qualsiasi
procedura concorsuale
o ancora
La Banca potrà ritenere risolto il contratto di mutuo ai sensi dell’art. 1456 cod. civ. ... qualora si verifichi anche uno solo dei seguenti eventi:
a) l’inizio di atti pregiudizievoli da parte di terzi e a carico dell’obbligato/i principale/i e/o coobligato/i
b) l’iscrizione di ipoteche e/o diritti di prelazione sui beni oggetto del presente contratto

c) il subire anche un solo protesto o procedimento conservativo o esecutivo a carico dell’obbligato/i e coobbligato/i


Questo tipo di clausole comportano la risoluzione del mutuo a prescindere da un inadempimento del mutuatario, facendo riferimento a situazioni non connesse a suoi comportamenti diretti. Il fatto che il mutuatario subisca un protesto, o gli sia notificato un decreto ingiuntivo, o venga iscritta un’ipoteca giudiziale a suo sfavore, sono tutti eventi che possono allarmare la banca, ma non possono legittimare, di per se stessi, la risoluzione. Le clausole del tenore di quelle sopra richiamate, dunque, sono da ritenersi vessatorie ai sensi dell’art. 33, 2° comma, cod. consumo. In particolare, si tratta di ipotesi riconducibili alle clausole, presunte abusive, di cui alle lettere t), poiché il mutuatario/consumatore non potrà opporre in giudizio l’eccezione di “scarsa importanza” dell’inadempimento (il debitore,
convenuto in giudizio, non potrebbe dimostrare l’irrilevanza, ad esempio, del protesto subito); e g), poiché attribuiscono, unicamente alla banca, la facoltà di uscita dal contratto, esercitabile a sua discrezione.
E ancora, le clausole che affermano:


Il contratto si risolverà automaticamente qualora non sia adempiuta anche una sola delle obbligazioni derivanti dal presente contratto di mutuo.
oppure
Tutti gli obblighi posti a carico della parte mutuataria, nel contratto e nel capitolato, hanno carattere essenziale e la loro violazione dà luogo alla risoluzione del contratto di mutuo, senza necessità di preavviso, di costituzione in mora o di domanda giudiziale.


non sono vincolanti, poiché non indicano gli specifici casi di inadempimento che legittimano il ricorso alla risoluzione. La “clausola risolutiva espressa”, infatti, non può riguardare genericamente tutte le obbligazioni del mutuatario, ma deve indicare le specifiche ipotesi di inadempimento dalle quali scaturisce lo scioglimento del rapporto.
Le pattuizioni richiamate, dunque, sono prive di efficacia.
Sono anche illegittime le clausole che attribuiscono alle banche la facoltà di invocare la risoluzione per eventi che non risultano così gravi da giustificare il venir meno del contratto. Le clausole che stabiliscono lo scioglimento in caso di:

  •  mancato pagamento degli oneri tributari che dovrebbero ricadere sull'istituto mutuante ma sono traslati sul mutuatario con pattuizione apposita
  • vendita o concessione in locazione dell'immobile oggetto della garanzia ipotecaria
  •  mancata apertura di conto corrente apposito, presso la stessa banca mutuante, destinato appositamente ai pagamenti delle rate
  •  compimento di atti che a insindacabile giudizio della banca comportano la diminuzione del patrimonio del mutuatario.

Sono tutte da considerarsi vessatorie in quanto comportano limitazioni della facoltà del mutuatario di proporre l’eccezione inerente alla carenza di importanza dell’inadempimento ai fini della risoluzione. Attraverso queste clausole, infatti, il predisponente mira unicamente a sottrarre al sindacato del giudice (in via preventiva e in danno del mutuatario) la valutazione circa la gravità del presupposto dal
quale scaturisce lo scioglimento del contratto.


Quanto dovrà il mutuatario inadempiente in caso di risoluzione?


Dovrà corrispondere le rate già scadute, con gli interessi di mora, nonché le rate non ancora scadute alle quali dovranno essere decurtati gli interessi corrispettivi: in pratica, per tali rate l’interesse di mora può trovare applicazione solo con riferimento alla quota del capitale